Tramonto in Groenlandia
Paolo Colosio e Marco Tedesco
È quasi la mezzanotte del nostro ultimo giorno in Groenlandia ed ammiriamo la debole luce del sole che sfiora l’orizzonte e che, per poche ore, si abbassa dietro i profili delle morbide alture che nascondono il ghiaccio alla nostra vista, senza mai scomparire. Stanchi e soddisfatti, ripensiamo ai giorni trascorsi mentre ascoltiamo un CD dei Pink Floyd che abbiamo trovato nella vettura che ci è stata affittata.
La Groenlandia è uno degli epicentri dove possiamo assistere agli effetti sproporzionati del cambiamento climatico sul nostro pianeta. L'isola ghiacciata ha una superficie pari a circa sette volte quella dell'Italia, raggiungendo al centro uno spessore massimo di poco più di 3000 metri. Negli ultimi decenni, la fusione superficiale in Groenlandia non solo è aumentata, ma è addirittura accelerata, anno dopo anno, contribuendo sempre di più all'innalzamento del livello dei mari. Tale aumento è avvenuto di pari passo con quello delle emissioni di anidride carbonica su scala globale, anch'esse in aumento anno dopo anno, nonostante gli impegni presi da molti Paesi con l'Accordo di Parigi. È difficile immaginare il volume di acqua riversato dalla Groenlandia in mare ogni anno vista l’enorme quantità: in media si aggira intorno ai 270 miliardi di tonnellate all'anno. Studiare le ragioni di questa accelerazione e comprendere i processi che la controllano è essenziale per migliorare le stime di ciò che accadrà ai nostri oceani e comprenderne l'impatto sulla nostra società. Ed è questo il motivo che ci ha spinto fin quassù.
Circa una settimana prima siamo partiti da Brescia ed abbiamo preso un volo che ci ha portati a Copenhagen per poi raggiungere Kangerlussuaq la mattina dopo, una cittadina di poco più di 500 abitanti. Situata sulla costa occidentale, circa 100 km all’interno del lunghissimo fiordo Søndre Strømfjord, Kangerlussuaq rappresenta uno degli snodi aerei principali della Groenlandia. Fu fondata nel 1941 come base militare per l’aeronautica statunitense per via della sua posizione strategica a metà strada tra America ed Europa. Usciti dall’aeroporto abbiamo incontrato Luna che ci ha dato un passaggio fino al Kangerlussuaq International Science Support (KISS), la stazione scientifica internazionale che ci ha ospitati al nostro arrivo ed è stata la nostra base. La struttura è gestita da Chris, il marito di Luna, che si occupa dell’organizzazione delle stanze, della logistica ed in generale di procurare ciò che serve ai diversi gruppi di scienziati che passano per il KISS. Oltre ad una stanza dove poter dormire, infatti, avevamo bisogno di un mezzo di trasporto per raggiungere la fronte glaciale dove avremmo condotto le nostre campagne di misura. Ciò che potrebbe sembrare di per sé banale in una qualunque città, come appunto noleggiare un’automobile, non è detto che lo sia effettivamente in un luogo remoto come la Groenlandia. Essendo le strade quasi completamente sterrate, si circola principalmente utilizzando mezzi con trazione a quattro ruote, come i performanti cassonati in dotazione alla National Science Foundation (NSF) o i piccoli fuoristrada a due posti che utilizzano alcuni degli abitanti del posto. Dobbiamo infatti raggiungere la fronte glaciale percorrendo una strada accidentata di circa 25 km, costruita negli anni '80 da una casa automobilistica per testare le auto in climi freddi e che da Kangerlussuaq porta a Point 660, situato per l’appunto a 660 m sul livello del mare.
Negli ultimi decenni, nell'Artico si è osservato un aumento della temperatura più intenso rispetto alla media globale. In questa regione, l'acqua si presenta allo stato solido sia come ghiaccio marino, che costituisce la banchisa, sia come ghiaccio continentale, che forma la vasta calotta della Groenlandia. La banchisa artica, una sottile e fragile copertura di acqua marina congelata con uno spessore che raggiunge solo pochi metri, è in costante diminuzione da quando nel 1978 sono iniziate le rilevazioni satellitari con radiometri a microonde. La riduzione della banchisa ha profondi effetti sul bilancio energetico del pianeta. Con il procedere del ritiro del ghiaccio marino, infatti, una maggiore quantità di energia solare viene assorbita dagli oceani, contribuendo così all'innalzamento della temperatura globale. Questo fenomeno innesca un ciclo di retroazione positiva (feedback): l'aumento delle temperature accelera la fusione del ghiaccio, che a sua volta amplifica ulteriormente il riscaldamento globale, intensificando gli effetti negativi sul clima terrestre. La nostra spedizione ha come obiettivo la raccolta di dati relativi alla riflettività della calotta di ghiaccio tramite misurazioni spettrali e ricostruzioni fotogrammetriche e multispettrali da drone. La riflettività, o albedo, della superficie è la proprietà che regola la percentuale di energia solare che viene riflessa in atmosfera e quindi regola il bilancio energetico della Terra. La diminuzione dell’albedo sulla calotta groenlandese è anche dovuta all’intensificarsi della fusione superficiale, oltre al deposito di particelle carboniose e di aerosol trasportati dai venti.
Chris sembra essere a corto di mezzi disponibili ma riesce comunque a procurarci un’automobile. Rimaniamo inizialmente perplessi in quanto l’auto che ci ha dato non ci sembra adatta a percorrere la strada dissestata. Decidiamo quindi di testarla subito facendo un primo giro esplorativo della zona. Con noi vengono due ragazzi originari del Belgio che ci ha presentato Chris arrivati a Kangerlussuaq con il nostro stesso volo per effettuare le riprese di un documentario che racconta, appunto, la storia della strada che porta a Point 660. Presa confidenza con la vettura siamo entrambi più tranquilli, il test è andato bene. Rientriamo quindi verso il centro abitato, andiamo a mangiare un boccone e torniamo al KISS, dove nel frattempo è arrivata la nostra compagna di viaggio Elizabeth Kolbert che ci raggiunge per la cena. Elizabeth è una importante giornalista del The New Yorker che nel 2014 ha vinto il premio Pulitzer con il suo più famoso libro La sesta estinzione e sta lavorando ad un pezzo sulle condizioni della Groenlandia per i lettori della rivista. Ed è proprio ai feedback sopra descritti che Elizabeth è interessata. Il suo viaggio in Groenlandia è iniziato più di una settimana prima a Summit, il punto più elevato dell’intera calotta di ghiaccio, e si concluderà ad Ilulissat, che nella lingua locale significa “gli iceberg”, dopo il nostro rientro. Elizabeth ci ha accompagnati per i primi due giorni di misurazioni sul ghiaccio. Da esperta giornalista quale è, non perde un momento ed inizia subito a farci domande e prendere appunti. Per raccogliere i dati, ci siamo concentrati su due diverse aree di studio, già oggetto di misura della precedente spedizione effettuata nel 2023. La prima area è la fronte del ghiacciaio Russell, sulla quale abbiamo effettuato misure fotogrammetriche per quantificare la perdita di massa, oltre che alle proprietà superficiali. La seconda è al fronte glaciale raggiungibile dal Point 660, all’inizio del K-transect, un transetto di circa 140 km ampiamente strumentato. Per queste misure utilizziamo due droni che montano, rispettivamente, una camera ad alta risoluzione ed un sensore multispettrale. Quest’ultimo permette di ottenere informazioni riguardo la riflettività della superficie al di fuori dello spettro della luce visibile. I droni, quindi, permettono di svelare proprietà del ghiaccio nascoste sia ai satelliti, i quali hanno una ridotta risoluzione spaziale, sia all’occhio umano, la cui percezione è limitata alla sola luce visibile. Se i nostri occhi potessero vedere oltre lo spettro del visibile, ci troveremmo di fronte a uno spettacolo quasi paradossale: vedremmo il bianco della neve ingrigirsi quando questa inizia a fondere, diventando sempre più scuro con l’intensificarsi della quantità di acqua liquida al suo interno. Per poter “vedere” oltre al limite del visibile abbiamo a disposizione un altro strumento, lo spettrometro, in grado di misurare la riflettività per una ancora più ampia regione dello spettro elettromagnetico.
Le operazioni di misura, seppur semplici in condizioni di laboratorio e ben pianificate, sono ostacolate dal freddo, dalla stanchezza e da quei prevedibili imprevisti che si riscontrano sul campo, come un malfunzionamento delle batterie dei droni. Riusciamo comunque a raccogliere i dati di cui abbiamo bisogno e che saranno analizzati nei prossimi mesi. I dati raccolti ci permettono di rivelare processi invisibili a occhio nudo, ma fondamentali per la fusione dei ghiacci, permettendoci di migliorare i modelli che ci forniscono le stime su ciò che ci riserva il futuro. Ci permetteranno anche di migliorare l’utilizzo dei satelliti per la stima della fusione del ghiaccio e capire cosa sta accadendo non solo qui, a Kangerlussuaq, ma su tutta la Groenlandia. Le analisi preliminari mostrano un assottigliamento del ghiaccio rispetto alle condizioni osservate nel 2023, dato in linea con le tendenze osservate su larga scala dai satelliti. Si stima, infatti, che la fusione della calotta di ghiaccio della Groenlandia sia in aumento e che stia contribuendo all’innalzamento del livello degli oceani per circa 8 mm ogni decennio. Il quadro, purtroppo, non sembra destinato a migliorare; i principali modelli climatici prevedono, infatti, che il contributo della Groenlandia all’aumento del livello dei mari aumenterà entro la fine del secolo. E se la prospettiva non è delle migliori per le regioni polari, la condizione dei ghiacciai alpini è ancora più drammatica.
Se alcuni processi rimangono nascosti ai nostri occhi, non si può dire lo stesso dello straordinario spettacolo offerto dal paesaggio artico. I primi passi superata la fronte glaciale ci mettono al cospetto ad un ghiaccio sporco e morente, annerito da sedimenti e polveri depositate. Proseguendo superiamo però un ciglio, oltre al quale si apre una distesa di ghiaccio che va a perdersi nell’orizzonte. La topografia è scolpita dai venti e dai rigoli di fusione che incidono la superficie. Il ghiaccio mostra però le sue forme più strabilianti quando è visto dall’alto. Si vedono fiumi azzurri che si aprono la strada sulla rugosa superficie del ghiaccio come lacrime sul volto di un vecchio. Con questo scenario che pervade i nostri pensieri, contempliamo il Sole di Mezzanotte con ancora i Pink Floyd nelle orecchie. E proprio come in Shine On You Crazy Diamond, se un tempo i ghiacciai brillavano splendenti e pieni di vita, ora, mentre li vediamo spegnersi, ci resta solo il riflesso attenuato di quella luce perduta. Ma se possiamo ancora ammirare la loro bellezza, anche se solo per poco, forse possiamo trovare la forza di far brillare ancora il nostro impegno per preservarli o, quantomeno, raccontare la loro storia.
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